Le colazioni ai tempi del coronavirus


L’11 marzo e i giorni che sono seguiti ormai sembrano lontani, con tutte le loro scene surreali, la paura e il silenzio ovattato intriso di terrore nel deserto di una città silente. Profumi insoliti si spargevano nell’aria tersa del mattino, le poche persone per strada procedevano di fretta, le macchine erano quasi inesistenti e il cinguettio degli uccelli nell’azzurro del cielo riportava Roma indietro di un secolo.


Il tram 8 vuoto, la mattina presto non l’avevo mai preso, fino a qualche giorno prima dovevo trattenere il respiro per non spingere chi mi stava accanto; essere sola nell’intero vagone mi stupiva e mi avrebbe molto rallegrata se le circostanze fossero state diverse; se quell’alito di morte e timore non avesse pervaso l’atmosfera, tutto sarebbe stato differente e mi sarei goduta la placida solitudine mattutina.


Se dimenticavo di prenotare la fermata il tram tirava dritto. Mi è capitato di dover scendere a Piazza Belli e tornare indietro per raggiungere Piazza Mastai con le mie pesanti buste sulle spalle; confesso che la tentazione di camminare in mezzo alla strada su un Viale Trastevere semideserto è stata veramente forte! Chissà come descriveranno questi giorni sui libri di storia… Chissà cosa racconteranno ai loro nipoti i bambini di oggi, costretti a restare tra quattro mura… Chissà se ne usciremo vivi tutti quanti… Questi pensieri e tanti altri ancora affollavano la mia mente in quei giorni difficili.


A Piazza Mastai, dove l’associazione Tuttoblue organizza la distribuzione delle colazioni, le persone in fila erano sempre tante, gente che non poteva restare a casa perché non ne aveva una, uomini e donne costretti a vivere per strada senza nemmeno il conforto dei beni di prima necessità. Non c’erano bar aperti, non un bagno pubblico, addirittura molte fontanelle sono state chiuse togliendo anche l’accesso all’acqua. Indubbiamente le persone socialmente fragili sono state le più colpite dagli effetti secondari della chiusura totale.


I treni erano ridotti, ce n’era solo uno l’ora e io prendevo quello delle 7.02. Al mio arrivo in piazza trovavo tutto apparecchiato, con Domenico, sempre in prima fila pieno della voglia di lottare che lo contraddistingue, insieme a un manipolo d’irriducibili volontarie e qualche volontario. La distribuzione bisognava anticiparla per evitare affollamenti, le forze dell’ordine venivano spesso a controllare e in alcuni casi ci davano preziosi suggerimenti per migliorare la sicurezza e il rispetto delle normative durante il servizio. In molti casi si sono complimentate per la perfetta organizzazione.


Così sono passati i giorni e le settimane, i primi tempi eravamo sempre i soliti, poi pian piano si sono uniti anche altri volontari e insieme abbiamo portato decine e decine di sacchetti da distribuire ai nostri amici che, distanziati, educati e rispettosi convogliavano in piazza alla ricerca di cibo e bevande calde.


Dai balconi spesso ci insultavano perché non restavamo a casa e anzi, facevamo fare le “scampagnate” ai senzatetto mentre la gente moriva… ma queste critiche dettate dal terrore non ci hanno tolto la voglia di andare avanti e abbiamo continuato, settimana dopo settimana, martedì dopo giovedì fino a che si sono cominciati a vedere i primi spiragli di normalità.

RomAltruista ha riaperto le iscrizioni alle attività, sempre gentilissimi e solerti hanno ripristinato il nostro appuntamento con le modifiche dettate dalle contingenze; purtroppo abbiamo dovuto limitare la partecipazione a un solo volontario per non creare assembramenti. Così sono cominciate ad arrivare tante belle persone nuove, una alla volta, con il loro sorriso, la gioia di vivere, la voglia di aiutare e l’entusiasmo che contraddistingue chi sceglie di fare volontariato.


Una piccola goccia in un mare di cemento, però i nostri amici di strada aumentavano di numero ogni settimana, i loro sguardi colmi di gratitudine ci hanno ripagato di tutta la fatica. I primi tempi della quarantena, dai forni semichiusi non arrivava più pane, nessuna raccolta alimentare era possibile, niente cornetti offerti da bar e pasticcerie. I sacchetti venivano riempiti dal buon cuore dei volontari che, mettendo mano al portafogli cercavano di provvedere a quel minimo che poteva sfamare chi li riceveva.


Gradualmente stiamo tornando alla normalità ma i giorni della quarantana, dell’isolamento, delle strade deserte e delle fontanelle chiuse rimarranno per sempre nei nostri ricordi e in quelli tutte le persone che hanno vissuto sulla propria pelle in modo cruento gli effetti di un periodo che ha costretto tutti a stare a casa, senza tenere conto che esiste gente che una casa non ce l’ha e che non sempre riesce a racimolare il necessario per poter sopravvivere.

Donatella


Dal 2013, grazie a RomAltruista, faccio esperienze di volontariato sul territorio di Roma. Questo mi ha dato modo di conoscere tante persone stupende che si dedicano agli altri con amore e dedizione. Ho partecipato a varie iniziative, purtroppo però, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per distanza geografica (vivo fuori Roma) non ho potuto continuare a seguirle tutte e mi sono concentrata solo sulle colazioni del martedì e del giovedì a Piazza Mastai. Ormai faccio parte dell’Associazione Tuttoblue e ho voluto condividere questa testimonianza di volontariato in un periodo piuttosto insolito e particolare della nostra storia.

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