La stazione con occhi nuovi
Il mio lavoro mi porta a prendere il treno molto di frequente, quindi mi trovo spesso alla stazione con il mio vestito elegante, i tacchi e l’immancabile trolley. In stazione vedo tanti altri viaggiatori come me, ma anche persone che non sono di passaggio perché in stazione ci vivono. Tante volte ho pensato che mi sarebbe piaciuto avvicinarmi in qualche modo a queste persone che in fondo non sono poi così diverse da me, perché di sicuro abbiamo in comune la stazione, anche se la frequentiamo in modo diverso.
Tra i miei buoni propositi c’era da parecchio tempo quello di fare del volontariato però mi sembrava sempre tanto difficile da realizzare, soprattutto perché vedevo impossibile trovare il tempo per prendermi un impegno con una vita sempre di corsa. Con la vita stressante che facciamo oggi è molto più facile sentirsi dei “bravi cittadini” facendo beneficienza, perché il tempo è diventato un bene ancor più prezioso dei soldi. Oltre ad un problema di tempo pensavo di non essere adatta a fare volontariato, di non avere le capacità, per non parlare poi della paura di abbattere quella barriera invisibile che separa noi persone “normali” da coloro che vivono nel bisogno… quella distanza che ci serve per poter andare avanti con la nostra vita di tutti i giorni senza farci coinvolgere più di tanto dai problemi altrui.
Ho conosciuto Romaltruista per caso leggendo un articolo su Repubblica.it e ho deciso di iscrivermi perché mi è sembrato un ottimo modo per riuscire a fare del volontariato con una vita movimentata come la mia. Così mi sono ritrovata una domenica sera alla stazione Termini in attesa degli altri volontari per la distribuzione dei pasti. All’arrivo di tutti un rapido saluto poi c’è stata l’assegnazione dei compiti: io ero l’addetta al passaggio dei tovaglioli per la pizza. La coordinatrice ha capito subito che ero una “novellina” e che sotto sotto avevo un po’ paura, così mi ha assegnato un compito facile di supporto ad un’altra volontaria che si occupava della distribuzione della pizza.
In poco tempo abbiamo allestito i tavoli e si è formata subito una lunga fila di persone che aspettavano l’inizio del servizio. Essere lì insieme ad altri ragazzi mi faceva sentire parte di una squadra, però la paura comunque c’era. Inizia il servizio e subito mi rendo conto di una cosa: io ero andata lì convinta di servire i pasti ai clochard che vedo in stazione ogni volta che parto o arrivo da una trasferta, invece ho servito i pasti alle persone più disparate. C’erano bianchi e neri, persone anziane e ragazzi, uomini e donne, stranieri e anche italiani. Ho passato la pizza (o meglio il tovagliolo) ad un ragazzo con una giacca ed un trolley che se avessi incontrato in stazione in uno dei miei viaggi avrei pensato fosse in partenza come me; poi mi hanno colpita una signora bionda molto sorridente che sembrava una classica casalinga che è uscita per fare la spesa e un signore anziano con i pantaloncini di quelli che mi immagino a giocare a bocce con i suoi coetanei.
Vedere con i miei occhi chi ha bisogno ed essere partecipe dei loro problemi (c’era chi non aveva i denti e non riusciva a mangiare la pizza, chi mi chiedeva un secondo tovagliolo come fosse un bene prezioso da accumulare,..) è stata un’emozione fortissima, una doccia fredda che ha scosso la visione della mia vita di tutti i giorni. Sentire al tg che la disoccupazione aumenta sempre di più e che le mense della Caritas sono sempre più frequentate anche da italiani ti prepara fino ad un certo punto a toccare con mano l’indigenza.
Ho ricevuto tanti sorrisi e ringraziamenti, ma c’è stato anche chi era un po’ più nervoso e non è stato gentile come ci si potrebbe aspettare. Credo che fare il volontario non voglia dire solo distribuire materialmente un po’ di cibo, ma anche accettare che il bisogno e la disperazione possono rendere le persone disperate al punto di prendersela con te semplicemente perché c’è solo la pizza bianca e non quella con il pomodoro.
Alla fine del servizio abbiamo smontato tutto, raccolto la spazzatura in giro e ognuno è tornato alla sua vita “normale”. La mattina dopo ero di nuovo in stazione, con il mio vestito elegante, i tacchi ed il trolley in partenza per l’ennesima trasferta ma con occhi nuovi che guardavano la stazione e tutto ciò che essa significa.
Questa esperienza mi ha “allargato” il cuore e mi ha fatto capire che per fare volontariato non serve essere pensionati per averne il tempo, non serve essere “speciali” o saper fare qualcosa di particolare… basta volerlo fare ed essere pronti a provare delle emozioni forti per il semplice fatto di passare un tovagliolo o raccogliere la spazzatura da terra. Come diceva un film famosissimo “SI PUO’ FARE!!!!”
Francesca
Sono nata 30 anni fa in un piccolo paesino in Umbria e vivo a Roma da 6 anni. Mi occupo di marketing in una società di consulenza e il mio lavoro mi porta ad essere sempre in viaggio. Nel tempo libero – che cerco di difendere con le unghie e con i denti – coltivo il mio lato “artistico” suonando in una banda musicale e dedicandomi alla lettura. Sono un’ambientalista convinta che prova una grandissima soddisfazione quando scopre un modo nuovo per riciclare o ridurre l’inquinamento che produce.