Tutti possono studiare!

Ieri, all’uscita di scuola, invece di andare a casa, io e mia figlia siamo salite in macchina e ci siamo dirette alla volta di TorSara Sapienza e, dopo un lungo tragitto, siamo arrivate al Metropoliz, un enorme edificio tutto colorato.

Ci ha aperto l’enorme cancello Valentina, una minuta ragazza dai capelli rossi, che ci ha subito accolte calorosamente. Ci ha spiegato che il Metropoliz, in precedenza, era una fabbrica di salumi, ma ora, dismessa, è diventata la casa di un centinaio di persone provenienti da tutte le parti del mondo.

Il Metropoliz non è un semplice luogo di ricovero per chi non ha un tetto, ma è un progetto d’integrazione, di recupero di spazi abbandonati e di autogestione che ha come obiettivo la costruzione di uno spazio pubblico fruibile da tutta la città, grazie anche alle tante iniziative culturali e creative che in esso hanno vita.

Infatti, dopo essere passate per un grande salone con al centro una statua, siamo salite su per una scala e siamo entrate in un vasto luogo dalle pareti decorate da tante rane rosse e pieno di bambini che studiavano e giocavano insieme.

Siamo state immediatamente coinvolte dai bambini, che ci hanno fatto molte domande: da dove venivamo, se anche noi abitavamo in uno spazio occupato, che lingua parlavamo a casa. Ci hanno spiegato che loro abitavano lì e a casa parlavano rumeno, si sono presentati: Lionela, Christian….poi abbiamo conosciuto Nunzia, una ragazzina di circa tredici anni che, timidamente, ci ha porto il suo libro di letteratura italiana e insieme abbiamo studiato “A Zacinto” di Foscolo.

Non eravamo le uniche a studiare lì, anche altri bambini erano impegnati a studiare con Valentina e altri volontari. Valentina ci ha spiegato che la loro associazione, Popica, si occupa della scolarizzazione dei bambini rom cercando di combattere l’esclusione sociale nei contesti urbani dove le persone più povere e fragili sono spesso anche le più discriminate.

Tramite la loro attività, cercano di sviluppare l’autodeterminazione di persone che per secoli sono abituate ad essere il popolo rifiutato da ogni società e che quindi non hanno neanche la forza di impegnarsi per poter migliorare la loro posizione sociale.

Mi chiamo Sara Manola, ho 33 anni e sono laureata in Lingua e Civiltà araba. Fin da ragazza mi piace occuparmi di volontariato ed ora cerco di coinvolgere anche Maryam, mia figlia, di 10 anni, perché vorrei passarle il messaggio che nella vita bisogna non pensare unicamente al proprio benessere, ma ricordarsi anche di chi ha meno di noi e che, in una società civile, è necessario occuparsi di tutti.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *