Aiutare gli altri in compagnia degli asini

Immagine articoloGrazie a RomAltruista ho potuto conoscere una nuova realtà che mi ha piacevolmente sorpresa con la sua gradevole natura e ha stuzzicato un po’ il mio spirito di avventura. Se sentite che dentro di voi si cela sopito un animo selvatico, passate anche voi un pomeriggio alla Collina Storta. Drizzate le orecchie, qui si va a passo d’asino…

La Collina Storta è una onlus che si dedica all’autismo e ha trovato nell’onoterapia, una forma di pedagogia speciale basata sull’interazione fra uomo e asino, un valido apporto al benessere di chi ha questa patologia.

Con Giacomo, utente del centro, e Irma, pedagogista e capoprogetto, ho scoperto quanto sia incredibilmente rilassante e divertente spazzolare un asino con brusca e striglia. Pure l’animale sembrava gradire, tanto che avrebbe anche accettato di appoggiare il suo simpatico muso sulla mia spalla. Pian piano ci posso arrivare… Poi grazie a Giacomo, ho potuto chiudere gli occhi e farmi portare a spasso, appoggiandomi al fianco dondolante di una gentile asina impegnata nel dressage. Giacomo, infatti, con una lunghina, la corda apposita dotata di moschettone, la conduceva all’interno del recinto, attraverso un percorso ampio e circolare passando per diversi punti prestabiliti, da bravo addestratore. Alla fine anche l’esercizio più impegnativo, il salto dell’ostacolo, è stato un successo festeggiato dandosi il cinque. È ciò che si fa fra i membri di un team affiatato. E allora anche l’asinella si merita le sue coccole!

Irma assiste Giacomo che ha 23 anni, in questa attività, una delle sue preferite ma comunque non certo l’unica. Lui ha anche molti altri interessi. Ad esempio lo appassiona il nuoto eppure al momento dei saluti, prima ancora di andare via, già non vedeva l’ora di tornare la settimana successiva a lavorare con gli asini.

In occasione della mia visita al centro, ho fatto qualche domanda ad Irma Laurenti. Spero che soddisfi qualche vostra curiosità a riguardo.

Quando è nato il tuo progetto sull’onoterapia?

Collaboro da circa sei anni con diverse associazioni portando avanti il progetto dell’onoterapia.

La Collina Storta, dal suo canto, esiste da circa due anni e vengo qui una volta a settimana. In più, presto la mia esperienza e le mie conoscenze per diversi progetti anche in altri centri.

Come ti trovi qui con l’associazione La Collina Storta nel portare avanti il laboratorio di onoterapia di cui sei responsabile?

Penso che questo sia un buon contesto, sano, aperto all’integrazione della disabilità. Infatti qui possono accedere sia disabili sia famiglie e persone senza difficoltà di tale tipo e sostare insieme in uno spazio in armonia con la natura.

Esistono delle difficoltà nello svolgere la tua attività di onoterapia?

Se devo fare un appunto, mi riferisco soprattutto a mie esperienze precedenti dove ho notato un iniziale entusiasmo per nuovi progetti che poi, però, è sfociato in una certa rigidità ed intolleranza nei confronti proprio della disabilità. Quindi la difficoltà è quella di trovare degli spazi in cui si superi la chiusura riguardo questo tipo di progetti.

Allora mi sono rivolta anche all’università, dove ho sviluppato una iniziativa che riguarda uno sportello di orientamento al lavoro per studenti con disabilità laureati. In questo genere di attività l’importante è proprio la ricerca dell’integrazione fra persone che hanno disabilità e persone che, invece, non ne hanno.

Cosa rappresenta per te ciò che stai facendo con La Collina Storta?

Per me questo rappresenta un vero e proprio lavoro. Sono una pedagogista, quindi ritengo molto importante partecipare a diversi progetti, specie quelli di integrazione. L’indirizzo che voglio dare al mio lavoro è quello di puntare ad un cambiamento sociale attraverso l’utilizzo di buone prassi. Ribadisco, quindi, che nelle strutture in cui si sviluppano tali progetti, si arrivi, alla fine, ad ottenere una o più buone prassi per vivere bene insieme

Certo, in Italia abbiamo un po’ di difficoltà in tal senso…

Sì è difficile ma bisogna comunque puntare sul cambiamento, sia che si lavori sulla relazione sia nell’ambito della formazione.

Ad esempio, ho lavorato in Lussemburgo in un contesto con dei disabili psichiatrici e mi piacerebbe trarne ispirazione per delle applicazioni pratiche qui in Italia.

Lì non era importante la sola attività che si svolgeva ma anche il modo, la base, la condivisione dell’obiettivo, e si conferiva autonomia ai soggetti coinvolti. Questi potevano infatti contare su un reddito proprio perché era stata creata una struttura capace non solo di accoglierli ma anche di valorizzare il loro lavoro. Così non pesavano sulla famiglia d’origine e potevano permettersi di mantenersi ed essere aiutati dal personale del centro.

Quindi qui in Italia dobbiamo puntare sull’autonomia perché anche il disabile abbia uno sviluppo, una crescita e approdi all’acquisizione di uno status di adulto, il più possibile integrato nella società.

Ovviamente questo concetto di autonomia vale anche per chi disabile non è! Ed io te lo dico da disabile. Se hai delle patologie particolari, hai bisogno sempre dell’altro, ecco perché è fondamentale sviluppare il concetto di autonomia. Autonomia significa anche avere un proprio spazio in cui stare bene, una propria dimensione.

Quali sono le parole chiave che ricorrono nella tua mente quando pensi al progetto onoterapia?

Integrazione, relazione, contatto, imparare a conoscere l’altro, ma “altro” non in senso di “disabile”. Quando conduco un laboratorio in cui intervengono diverse persone – disabili e non – come anche gli stessi volontari, per me è importante che si lavori comunque bene ed agire sulle singole difficoltà di un elemento, come ad esempio una sua eccessiva rigidità…

Alcune persone che hanno collaborato con me hanno deciso di lavorare qui, altri, invece, facendo tesoro di questa esperienza, ne hanno fatto qualcos’altro. L’importante è che ci si arricchisca vicendevolmente.

Cosa rappresenta il lavoro con gli animali per gli utenti di questa associazione?

L’associazione La Collina Storta è organizzata grazie al lavoro della cooperativa Tutti giù per terra, che si occupa prevalentemente di autismo. Io lavoro sia con l’autismo sia con altri tipi di disabilità. Per gli utenti finali, sicuramente il lavoro con gli animali rappresenta un buon contributo al proprio benessere.

Come è possibile dare struttura a un progetto senza incappare in una eccessiva rigidità?

La struttura è molto importante, ci deve essere integrazione, condivisione  e accessibilità ma anche ordine. Ad esempio, i bambini che vanno sui pony devono disporre di un loro spazio, diverso da quello in cui si sta lavorando con l’onoterapia.

Cosa ha significato per te devolvere la tua energia per questa causa? Che benefici umani hai ottenuto?

È una bella domanda! Ci sono tante cose positive… Quando si vede che una persona sta meglio, che si lavori o che si faccia volontariato, comunque si ha grande soddisfazione. È un bel contesto, senza farmaci. Purtroppo nella disabilità c’è una “gran voglia” di prescrivere farmaci. Invece il bello di lavorare in contesti aperti è che hai già tutto, non c’è bisogno di aggiungere nulla. Non servono case farmaceutiche, non servono operatori assillanti, che tra l’altro non sono neanche cose sane. Al contrario è bello che tu sia libero di partecipare a una lezione con la leggerezza tipica di una attività sportiva all’aria aperta.

Ad esempio oggi Giacomo ha pronunciato la lettera “esse” ed è un buon risultato, raggiunto probabilmente grazie al benessere provocato dal contatto con la natura, dallo svolgere una attività rilassante come spazzolare un asino. Tra l’altro, anche gli animali possono beneficiare del contatto umano e della cura… La relazione tra loro e gli operatori si può tenere sempre sotto controllo leggendone le emozioni. In un asino, ad esempio, queste si percepiscono dal modo in cui tiene le orecchie.

La Collina Storta si occupa anche di altre iniziative oltre a quella svolta oggi?

Sì, l’associazione, oltre che occuparsi del contatto con gli animali, permette ai ragazzi di svolgere dei laboratori dove fare arte, ad esempio disegno, canto, recitazione, creazione di pannelli e molte altre forme di espressione. Gli operatori, in determinate circostanze, seguono gli utenti anche nei loro domicili e organizzano, di concerto con la famiglia e lo psicologo diverse attività secondo un piano ben cadenzato.

Hai una curiosità particolare da raccontare?

Tengo a dire che l’andatura particolare dell’asino ricorda molto da vicino il dondolio che il feto avverte quando si trova nel ventre materno. Non dobbiamo effettivamente dimenticare quali sono lo nostre origini biologiche, veniamo dalla terra e siamo noi stessi animali, per cui dobbiamo rispettare – come faremmo con noi stessi – ogni forma di essere vivente. Ri-acquisire la propria corporeità è un lavoro che fa bene a tutti, non solo ai disabili e aiuta sicuramente a rilassare la persona. Il recupero della dimensione più terrestre aiuta nei gruppi integrati, dove disabili e non disabili lavorano in sinergia, a superare la paura della disabilità e, in senso lato, della diversità.

Di questo ed altro ho anche avuto modo di scrivere nel libro: L’onoterapia e la comunicazione senso-percettiva.

Potresti dare una tua opinione sul rapporto fra uomo, animale domestico o addomesticato e animale che vive nella natura selvaggia?

Personalmente ho sempre amato la libertà degli animali selvatici. Mi rendo conto che un animale addomesticato tende di più al sacrificio per l’uomo ed è portato a compiere azioni volte a favorire quest’ultimo.

Perciò, quando svolgo laboratori, cerco sempre di lasciare uno spazio per l’espressione e la gratificazione dell’animale. Anch’esso, selvatico o addomesticato, vuole avere un momento di comprensione, a lui dedicato. Viene da pensare che un lupo in un habitat selvaggio sia più fortunato di un asino che vive in un posto simile a questo però bisogna anche riflettere sul fatto che il lupo, pure se protetto da leggi specifiche, può subire aggressioni e attacchi da cacciatori senza scrupoli. È il rovescio della medaglia di chi deve condividere il suo territorio con un predatore molto temibile come è l’uomo, capace di stravolgere interi ecosistemi e di arrogarsi il diritto di uccidere indiscriminatamente. In certi casi, quindi, il male minore è quello di mettere sotto tutela gli animali, magari privandoli di una certa parte di libertà ma garantendo loro sicurezza, sopravvivenza e uno spazio protetto. Lo stesso animale uomo, ha la tendenza a rinchiudersi nei medesimi posti a fare sempre le stesse cose. Invece è bene che ci sia l’espressione dell’essere, sia esso animale sia umano.

Nel contempo, l’uomo è un essere sociale che ha bisogno di stare “in branco”, mentre nella società odierna c’è un forte individualismo, una sindrome da primo della classe che, invece, andrebbe sostituita con l’abilità di vivere in società.

In più, il lavoro animale ha contribuito allo sviluppo della società umana. Bisogna avere rispetto, quindi, dell’apporto degli animali e nello stesso tempo, capire, per superarli, quali sono i limiti personali dell’uomo. La gratificazione nei confronti di un animale che ci aiuta, non va fatta con la carota ma con attenzione ed affetto. Se, viceversa, l’uomo vuole sempre prevaricare l’animale, inevitabilmente andrà incontro ad una chiusura anziché ad una dimensione di equilibrio. La cooperazione, invece, aiuta ed apre nuovi orizzonti.

Ci sono nuovi progetti in vista?

Voglio cercare di sviluppare progetti affini fra loro e creare una rete che li colleghi anche ad altre idee, risorse e ambienti, come scuole, università, ospedali, etc. L’importante è che vengano riconosciuti a livello pubblico in modo da poter stringere convenzioni e ricevere sovvenzioni per scongiurare il formarsi di ambienti chiusi come quelli di cui parlavo prima. Lo spirito deve essere quello della conoscenza e della spinta verso una internazionalità, per aprire nuovi spazi di confronto con culture diverse.

Cosa pensi di Romaltruista?

Un centro non deve vivere da solo. Posso dire, in veste di capoprogetto ormai da diversi anni, che Romaltruista è un ottimo strumento in grado di far conoscere La Collina Storta e di far sapere a chiunque fosse interessato che, se vuole, può venire e passare una giornata nel verde e conoscere una nuova piacevole realtà.

Romaltruista è un potente catalizzatore per far incontrare la gente e, finora, mi è sempre capitato di incontrare belle persone. È facile immaginare il valore che può avere una rete di questo tipo – nel difficile mondo del sociale di oggi – nel dare sostegno a progetti simili al mio.

Silvia Mazzieri, svolgo attività di volontariato e assistenza da diversi anni attraverso sia lo svolgimento di mansioni concrete sia l’espressione di doti professionali, attitudini e passioni personali, come la tecnica psicologica, la scrittura, il teatro, la comunicazione, la fotografia e, comunque, tutto ciò che permette di entrare in empatia con le persone per farle sentire – nei limiti del possibile – a proprio agio.

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